sabato 25 dicembre 2010

La storia si ripete

riporto il post di lacrime di Borghetti.

Era da un po' che ci stavo pensando e l'avevo lasciato sottotraccia, ma dopo il grottesco epilogo arabo di ieri sera mi è apparso chiaro, Benitez sta passando all'Inter lo stesso assurdo calvario che a Brian Clough è toccato sopportare nei suoi mitici quarantaquattro giorni al timone del Leeds United. L'inquietante ed ingombrante figura di José Mourinho, come per Clough fu quella di Don Revie, lo accompagna in ogni passo che muove ad Appiano Gentile, in ogni intervista che rilascia alla stampa, in ogni conversazione con il presidente, in ogni raccomandazione alla squadra, così come il vecchio amore della tua ragazza aleggia nel tuo appartamento, indossa i tuoi vestiti, si sporca le labbra del suo rossetto. Benitez sente, come Clough sentiva, che in tutto il tempo trascorso insieme il suo predecessore è entrato dentro la sua squadra, nella testa e negli scarpini dei suoi giocatori, nei muri degli spogliatoi e nei trofei della bacheca della presidenza, nelle sciarpe dei tifosi e nelle penne dei giornalisti, e sente, come Clough sentiva, che il suo fantasma è ancora lì quando lui arriva al campo, alla sala stampa, nello spogliatoio, lo osserva mentre parla, mentre i giocatori si preparano, mentre la coppa viene sollevata, mentre il presidente gli stringe la mano, e Mourinho per Benitez, come Don Revie per Clough, è un ectoplasma che fa venire voglia di piangere perchè lui, in quella squadra, non è entrato e non entrerà mai in questo modo.
Le dichiarazioni di Benitez a fine partita mi hanno toccato, la candida richiesta di "supporto" appartiene a una narrativa diversa da quella sfrontata di Mourinho, ad una grammatica educata e signorile, ad un'umiltà che conosce bene la linea divisoria con la mancanza di rispetto. La volgarità dell'ambiente interista è lo specchio fedele del nostro paese piccolo-borghese, nervoso e permaloso, è la volgarità di una società che ha abbandonato il suo allenatore ancora prima di cominciare, con le gambe ancora molli per l'orgasmo precedente, è la volgarità di un mondo che preferisce passare una settimana al sole di Sharm el Sheik piuttosto che a passeggio tra le librerie per il Marais, è la volgarità di un personaggio riprovevole come Materazzi che, piccato per non aver giocato (ma perchè avrebbe dovuto giocare?), viene intervistato dopo la partita e si lascia andare a parole di malcelato disprezzo verso l'allenatore, difendendo "la società che li ha portati sul tetto del mondo", così come Billy Bremner aggrediva il povero Clough. E' la volgarità di un giornalismo sportivo che se ne frega della decenza e lancia il sondaggio su chi sarà il prossimo allenatore dell'Inter, dimostrando ancora una volta l'infimo livello della categoria, dimostrando ancora una volta che i giornalisti sportivi scrivono di pesca quando l'unico pesce che hanno visto nella loro vita è quello che gli viene servito al ristorante.
Da piccoli ci insegnano che nella vita l'importante è fare una cosa che ci piace, che ci dia voglia di alzarci la mattina per uscire di casa, ed invece quasi tutti noi siamo finiti risucchiati in un mercato del lavoro che ci disprezza e che noi disprezziamo, dove l'unica cosa che conta è portare a casa le penne, è difenderci dalla vita, dai predecessori e dalle aspettative, dalla volgarità e dalla mancanza di rispetto, dal vicino di scrivania la cui invidia aspetta solo il nostro tonfo, per poterlo indicare con il ditino puntato e la risatina macabra. Per fortuna, ci rimane il senso dell'umorismo, i soffitti alti delle nostre case signorili, le spalle larghe con cui scrollarci tutto questo schifo di dosso, un microfono da cui lanciare un ultimatum al presidente, la dignità. Per quanto mi riguarda, siamo tutti Rafa Benitez, come siamo stati tutti Brian Clough.